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Marco Barba: “Bisogna vincere la paura del cambiamento per raggiungere il successo”

Sono costantemente in evoluzione e in trasformazione”. Nelle parole del Life e Business Coach Marco Barba è racchiuso gran parte del segreto del suo successo.

Dopo che la vita gli ha messo di fronte una prova difficile da superare, Barba ha saputo ottenere la propria vittoria, rinascendo dalle proprie ceneri. Perché, come racconta nel suo bestseller “Dalla strada al successo cambiando abitudini” (Mind Edizioni), “dietro il fallimento si cela un grande successo”.

Marco, che cosa fa un coach?

Ogni coach si specializza in un campo particolare, frutto anche del percorso di studi che ha intrapreso. Per quanto mi riguarda, anche se non mi sono laureato in determinate discipline, grazie al mio percorso e al mio vissuto, ho studiato su di me, per esempio, l’analisi transazionale e la psicologia applicata, per attuare un mio cambiamento. Come life e business coach aiuto sia gli individui che imprenditori a riscoprire quali sono i propri talenti e, partendo da questi, come esprimerli nel quotidiano e nella vita lavorativa. Diventa più facile, di conseguenza, entrare in contatto con la propria “vera” identità, che è diversa da quella forgiata dagli educatori o dalle istituzioni.

Cosa distingue un coach da uno psicologo?

Lo psicologo fa un lavoro più introspettivo, analizzando soprattutto il passato. Il coach, invece, ristruttura alcuni eventi passati in una maniera più superficiale, dando un nuovo significato. Accompagna una persona a raggiungere un obiettivo: fotografa insieme a lui il presente, lo aiuta a comprendere gli strumenti e le competenze per riuscire a conquistare la meta dando costantemente dei feedback. Il coach, inoltre, può anche aiutare a mantenere il risultato raggiunto.

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La conservazione è sicuramente più comoda del cambiamento: come si convince una persona, laddove sia utile, ad aprirsi a questa prospettiva?

Sono convinto che nulla capiti per caso: di solito la persona che si lascia guidare è alla ricerca di qualcosa, è già all’inizio di un processo. Il coach ha un compito: dare consapevolezza al proprio interlocutore. L’unica maniera per “convincere” una persona ad intraprendere un percorso è fare delle domande: le risposte creano un momento di condivisione e aiutano a prendere più coscienza possibile di quello che potrebbe fare la differenza nella sua vita se facesse azioni diverse da quelle che sta compiendo.

Perché spaventa il cambiamento?

Abbiamo difficoltà ad uscire dalla nostra ‘comfort zone’ finché non avviene un avvenimento traumatico, che sia un divorzio, un tradimento, una depressione o una lite. Solo allora cerchiamo un professionista che ci metta di fronte alla realtà di quello che dovremmo cambiare, anche se non è semplice ripartire da un punto zero, perché bisogna compiere delle azioni nuove che diventano abitudinarie con il passare del tempo. Le persone a livello inconscio questo la sanno ma non si attivano perché la mente va verso ciò che è più semplice. Inoltre c’ è anche la paura del giudizio e dell’abbandono: e se il mio cambiamento non venisse accettato? Per quanto mi riguarda, da quando ho preso consapevolezza di me stesso, all’incirca ogni cinque anni ho degli importanti cambiamenti che, naturalmente, sconvolgono il mio ambiente, le persone che mi sono accanto, i miei comportamenti e le mie capacità. Tutto questo mi permette di sentirmi costantemente in evoluzione e in trasformazione.

Il tuo cammino di cambiamento e di redenzione è partito dalla lettura, durante il periodo che hai passato in carcere.

In quel periodo, consapevole di dover cambiare qualcosa, le uniche figure professionali con cui ero venuto a contatto erano psicologi o assistenti sociali. Leggendo tanti libri sulla crescita personale, soprattutto di scrittori e formatori americani, ho compreso che c’era un altro linguaggio, un’altra metodologia per poter crescere. E’ scaturita in me la “fame” della conoscenza orientata nell’ambito del coaching.

Come si trasforma un rapinatore in un coach?

Ero un ventenne e avevo una vita regolare: la mia era una buona famiglia, avevo studiato e facevo parte delle forze armate. Purtroppo nel mio quartiere c’erano delle persone che sapevano come procurarsi i soldi in una maniera semplice e osservandoli mi ero convinto fosse un gioco da ragazzi. In un momento in cui lo stipendio non bastava perché viaggiavo spesso tra Napoli e Lecce per amore e convinto del fatto di essere un insospettabile vista la mia professione, ho avuto la cattiva idea di fare due rapine: mi hanno acciuffato, condannato civilmente e mi sono ritrovato in carcere. Il momento di sconforto è stato enorme: la mia famiglia mi aveva abbandonato, avevo perso il lavoro e la mia ragazza mi aveva lasciato. Il mio punto zero è stato il primo dicembre del 2000: decisi che il mio obiettivo sarebbe stato scoprire chi fossi realmente e cosa volessi dalla mia vita. Visto che ormai mi ero fatto terra bruciata intorno, dovevo diventare una persona nuova. Mi ero reso conto che tutti i danni che avevo combinato dipendevano dalla maschera che indossavo e che nascondeva chi ero veramente: per esempio, tenevo nascoste tutte quelle cose che mi generavano emozioni, come l’arte o meditare.

Quanto è durata la tua pena?

La condanna stata di 8 anni; di fatto ne ho scontati 4 dentro e 4 poi nella fase di reinserimento sociale.

Hai scritto anche un libro che ha ottenuto un ottimo riscontro.

Nel mio libro, che si intitola “Dalla strada al successo cambiando abitudini”, si raccontano tutte le varie fasi delle strategie che mi hanno aiutato a cambiare. Di fatto non è solo un libro da leggere ma ci sono anche tanti esercizi da compiere.

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