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Il mio amico Massimo
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“Il mio amico Massimo”, Alessandro Bencivenga racconta il suo docu-film su Radio Cusano Campus

Un inno all’amicizia, un collage di ricordi e colleghi di spessore. “Il mio amico Massimo” è la ricostruzione della vicenda umana, non solo di una personalità geniale dello spettacolo, ma di un uomo perbene. Due aspetti che non sempre vanno di pari passo, dunque quando coincidono è bene sottolinearne la magia. Il docu-film ricorda che “di Troisi manca Trosi. Ho conosciuto i suoi amici, i collaboratori, tutti hanno ricordato con fermezza che è stato un uomo perbene. Una persona dalla spiccata umanità, oltre che genio – ha detto il regista Alessandro Bencivenga a “Italiani Mambo” su Radio Cusano Campus – ma quello che manca è l’uomo.”

Una sua frase dice che l’amicizia è più impegnativa dell’amore e della passione: se vai a vedere è così, la passione e l’amore possono finire, mentre l’amicizia se è vera rimarrà per sempre. Lui aveva un grande senso dell’amicizia, infatti nel docu-film, oltre a Lello Arena che ringrazio per avermi dato la voce, aneddoti e sostegno artistico, compaiono altri amici d’infanzia come Alfredo Cozzolino, o Gaetano Daniele – ha detto il regista – aveva un senso dell’amicizia molto alto.

L’attenzione al passato è necessaria, senza radici non si vola, bisogna guardare a chi prima di noi ha lasciato il segno, capire perché e cosa c’era di diverso. Nell’osservare la storia artistica, e la vicenda umana, di Massimo Troisi emergono aspetti che oggi sembrano andati perduti. Il valore dell’amicizia. La capacità di esprimersi con leggerezza e ironia. “De Crescenzo diceva ricordiamo il passato con amore, viviamo nel passato, ma il presente è già passato. Un’intervista di Troisi era uno sketch, faceva ridere e pensare, non si parlava mai addosso, alla base di tutto c’era grande studio. Lello ha evidenziato che la napoletanità è data dalla capacità di fare ironia di qualità, esprimere umanità. Oggi, invece, tutti fanno tutto e c’è molta superficialità – ha fatto notare Alessandro – chi soffre di più è la mia generazione, sono cresciuto con la mentalità troisiana, le mie radici partono di lì, sono diverse dalla realtà artistica attuale.

Ho raccolto più materiale di quello contenuto nel film, ho dovuto tagliare tanto per rendere il documentario più fruibile allo spettatore. Tanti artisti si sono resi partecipi, poi ho fatto delle scelte– ha spiegato Alessandro Bencivenga – mi è dispiaciuto l’altra sera non esserci stato a Testaccio, durante la proiezione del film volevo esserci in forma anonima, quando in sala c’è il regista la gente vede il film in un altro modo. Una volta sono andato a Treviso a vederlo, da solo, e sentivo la gente contenta che commentava il film.”

La pellicola, insignita come Film d’Essai dal MIBACT, non è passata inosservata ed è una speranza. “Il premio è arrivato senza che sapessi niente – si è congedato Bencivenga – Massimo Troisi è conosciuto anche in America, tra i miliardari di Hollywood. Ma a proposito di soddisfazioni, la più grande a cui potessi aspirare sono i messaggi che ho ricevuto. Tante persone hanno visto il film e mi hanno ringraziato di aver parlato di Massimo in maniera così amorevole. Ho voluto parlare di Massimo come di un uomo che ama l’uomo e l’artista.

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