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Bernabò Bocca
INTERVISTE RITRATTI ITALIANI

Bernabò Bocca: “In Italia con il turismo si può solo vincere”

Bernabò Bocca, 57 anni, Presidente di Federalberghi dal 2000. Imprenditore di successo, sin da giovane al timone della catena alberghiera Sina Hotels, fondata dal padre, il Conte Ernesto Bocca, nel 1958. È stato Presidente di Confturismo; viene nominato Cavaliere del Lavoro nel 2005. Dal 2013 al 2018 Senatore della Repubblica Italiana.

Dal 2019 consigliere della Fondazione Ente Cassa di Risparmio di Firenze e consigliere della Fondazione del Maggio Musicale Fiorentino.

Presidente, la sua storia imprenditoriale e la storia della catena Sina Hotels inizia nel 1958 con il progetto di suo padre di creare una collezione di alberghi qualitativamente superiori, per una ospitalità di lusso. E poi è diventato il progetto di una famiglia intera. Ci racconta questo percorso?

E’ il percorso della mia vita si può dire… Mio padre ebbe la grande intuizione di creare un gruppo che volgesse lo sguardo oltre in confini del nostro Paese pur rimanendo fedelissimo ai valori tradizionalmente italiani. Non è un caso che il nome pensato per il gruppo sia stato SINA, ovvero Società Internazionale Nuovi Alberghi. Evidentemente mio padre aveva già capito di dover allargare l’offerta nel segno dell’esclusività oltre che ai propri concittadini anche ad un turismo straniero di prestigio. Questa fu l’impostazione e su questo solco ho proseguito una volta preso il timone dell’azienda con il supporto preziosissimo di mia sorella Matilde. La nostra è una catena alberghiera squisitamente italiana, che affonda le sue radici nella storia della nostra famiglia: porta avanti le generazioni all’interno della stessa struttura e considera i propri collaboratori come persone che fanno parte della stessa cerchia. Sina Hotels ha tra le sue priorità la tradizione, l’attenzione all’accoglienza nel senso più puro e italiano del termine e la voglia di far sentire i nostri ospiti come nella propria casa. Questo è un elemento fondante: all’inizio dell’attività mio padre si mise alla ricerca di ville e palazzi patrizi che conservassero ancora tra le mura la propria storia. Ciò si percepisce in particolar modo nel primo edificio che scelse di convertire ad attività alberghiera: il Villa Medici a Firenze.

Bernabò Bocca

Stile, lusso, comfort, passione, sono alcuni dei valori fondanti della vostra cultura dell’ Hotellerie. Addirittura in uno dei vostri hotel ha soggiornato la Regina Madre. Com’è cambiata nei decenni la proverbiale ospitalità italiana e il modo di vivere l’hotel? Che differenze ci sono tra gli ospiti italiani e quelli stranieri?

Se vogliamo parlare di tradizione e di eccellenza dell’ospitalità italiana, posso solo dire che può essere definita tale solo quella che non è mai cambiata, a dispetto della globalizzazione e delle trasformazioni del nostro millennio. Nel mio gruppo la differenza, paradossalmente, la fa proprio la tradizione e l’essere ancorati ad uno stile che resta sempre attuale. Abbiamo rinnovato le strutture, le stanze e gli arredi dei nostri hotel sono stati rivoluzionati, abbiamo adeguato i servizi alle esigenze dettate dall’oggi, ma il cliente che viene da noi ritrova comunque il clima e l’atmosfera che cerca. E’ quel “tocco” a cui non si vuole rinunciare. Indubbiamente sono cambiate le esigenze, sono aumentati i tipi di turismo, è cambiata la modalità di organizzazione del viaggio. Il mondo del web ha fatto sì che ciascun turista possa diventare “agente di viaggio” di sé stesso. Gli stranieri in questo sono i più avveniristici. Americani, cinesi e giapponesi non fanno un passo se non hanno visualizzato anticipatamente tutta la situazione in cui andranno a trovarsi durante la loro vacanza. E poi, chi sceglie il prodotto luxury vuole assolutamente vedere soddisfatte le sue aspettative: chi è del mestiere deve saper recepire ogni minima innovazione e tendenza in questo senso.

La sua famiglia possiede hotel nelle città più prestigiose d’Italia: a Roma, a Firenze, a Venezia, Milano, ed ancora in Versilia e sull’ isola di Capri. Ed avete 500 dipendenti. L’hotellerie è un settore che richiede un impegno notevole e costante e la capacità di rinnovarsi e di stare al passo con l’evoluzione dei tempi. Responsabilità enormi. Come fa a gestire una macchina così complessa?

In momenti come questo, non oserei nemmeno dire che ce la si fa (sorride, ndr)! Ma in realtà mi reputo fortunato perché i nostri hotel sono di proprietà. Diciamo che si cerca di non venire sopraffatti dalla difficilissima circostanza. In generale, il gruppo va molto bene. Sempre grazie alla filosofia di partenza che guidò la scelta di mio padre, infatti, le strutture che abbiamo hanno tutte una caratteristica speciale: si trovano in luoghi che sono icone del turismo italiano ed internazionale, e sono collocate in zone centralissime dove ogni attività e facilmente fruibile (visite nei musei, passeggiate nel centro, acquisti nelle vie storiche dello shopping, partecipazione alla vita culturale…). Quanto alla gestione, non vorrei dire una banalità, ma la funzionalità di questa macchina complessa si deve molto anche alle capacità dei nostri collaboratori i quali, insieme allo sforzo ed all’impegno di noi tutti, contribuiscono in larga parte al successo del nostro prodotto.

Si dice spesso che l’Italia potrebbe vivere solo di turismo. Da quello religioso al turismo enogastronomico, da quello termale alle città d’ arte e i musei, al golf, per non parlare delle nostre coste e delle isole. Ovunque arte e natura, bellezza autentica. Siamo il Paese delle eccellenze eppure l’economia italiana vacilla. Cosa manca secondo lei?  Il settore ha delle responsabilità? O la politica è priva di visione?

Certo la politica non ha dimostrato di aver avuto grande visione. Nessuno è perfetto, errori se ne saranno fatti anche nel comparto. Ma solo per le troppe restrizioni, termine molto in voga ultimamente… Intendo dire che finché non si darà centralità al nostro settore, esso non potrà decollare come è giusto che sia. Abbiamo necessità di tornare ad avere un ministero dedicato per poter dettare regole interne e destinare le risorse in modo esclusivo. L’ho sempre pensato: in Italia con il turismo si può solo vincere!

Sina Villa Medici

I luoghi di promozione turistico culturale del nostro Paese sono molteplici, i canali sono quelli più istituzionali, o privati. Si va dalle campagne di comunicazione delle singole Regioni, ai siti delle Ambasciate d’Italia all’estero più lungimiranti, passando per le riviste di settore fino al mare magnum del web con l’esplosione della moda dei social. E poi c’è il caso più famoso del Commissario Montalbano, tradotto in 21 lingue, ambientato in una Sicilia sospesa e remota che ha portato senza volerlo un boom di visitatori da tutto il mondo in contrade, paesi e città di rara bellezza fino ad allora sconosciuti ai più oltre lo stretto, e che ha visto nascere e proliferare attività recettive in quantità. Quanto conta un’adeguata comunicazione nel vostro settore?

Da 0 a 10 direi dieci. Solo che bisogna comunicare cose realistiche. Vede, sono stati spesi moltissimi soldi per operazioni apparentemente dedicate al turismo, ma se non si fa uno sforzo unitario dando centralità al messaggio, non si raggiunge l’obiettivo. Se continuiamo a frammentare l’eccellenza italiana in regioni, comuni, province e piccoli paesini, non metteremo la palla in rete. Quello che bisogna comunicare, davvero e per bene, è il brand Italia. Per essere più competitivi, poi, va impostata una politica legata ai grandi eventi: sono quelli che contribuiscono grandemente all’attrattività di un paese, attraverso i quali si possono raccogliere frutti a lungo nel tempo. Cogliendo l’esempio di Montalbano: è stato girato in una zona turistica sì, ma soprattutto di prossimità. Oggi è il luogo dove miriadi di visitatori vanno a rendere il tributo alla casa di Montalbano o al ristorantino sul mare dove lo si vedeva cenare. Questo per l’economia del territorio ha fatto la differenza.

La pandemia ha stravolto le nostre vite e sta mettendo a dura prova la nostra economia. Tutte le aziende e le attività sia grandi che piccole, familiari o individuali sono in sofferenza e chiedono aiuti allo Stato. Il Presidente Mattarella ha esortato tutti a non mollare, sottolineando la capacità degli italiani di distinguersi nelle fasi storiche di qualunque tipo di ricostruzione. Ed il Santo Padre ha ribadito che “nessuno si salva da solo”. Ma certo, vedere ovunque saracinesche abbassate, hotel serrati e ristoranti vuoti, demolisce il coraggio. Lei nella duplice veste di Imprenditore e di Presidente di Federalberghi quale pensa possa essere la soluzione per uscire da questo guado e ritrovare l’orgoglio di essere italiani? Il suo ruolo in questo momento le impone uno sforzo enorme, quello di infondere ottimismo, speranza e concretezza ad uno dei settori più colpiti.

Io sono un ottimista. Ma oggi faccio fatica a tenere testa alle difficoltà della categoria. Abbiamo visto che si è pensato di poter chiudere un settore, e con esso tutte le attività collegate. Ma la filiera del turismo è massiccia e vitale e di questa scelta pagheremo amare conseguenze. Non possiamo ripiegarci su noi stessi e ci aspettiamo molto più sostegno di quanto finora manifestato nei nostri confronti dal Governo. Gli albergatori sono abituati a rimboccarsi le maniche: le nostre strutture sono state messe a disposizione per le esigenze di ricovero di parenti di contagiati e personale sanitario. Quando ci fu il terremoto ci rendemmo subito disponibili ospitando i più disagiati. Non è nemmeno una notizia la nostra apertura di fronte alle urgenze del Paese. Proprio con speranza e concretezza chiediamo di essere messi nelle condizioni di poter resistere e poi ripartire.

Tre valori per lei imprescindibili che valgono sia nella sua vita privata che nella sua professione?

Correttezza. Sincerità. Solidità

Le pongo una domanda che di solito si fa alle donne: in quanto manager impegnato su tanti fronti, come fa a conciliare il lavoro con la famiglia?

Dovrebbe chiederlo a mia moglie ed ai miei figli (ride, ndr)!

Lei proviene da una famiglia antica, agiata ed amante della cultura del bello. Ma non per questo si è adagiato sugli allori, al contrario si è impegnato sin da giovanissimo a portare avanti con passione ed entusiasmo il progetto di famiglia. Quale messaggio darebbe ai giovani oggi, in un mondo che sta cambiando rapidamente e dal momento che stanno ereditando una pesante situazione sociale ed economica globale che alimenta le diseguaglianze limita le opportunità?

Di innamorarsi di un lavoro, qualunque esso sia, e di non demordere. E credere nel proprio Paese nonostante tutto.

Che progetti ha Bernabó Bocca per il futuro?

Vorrei crescere i miei figli, trasmettendogli quei valori che saranno le fondamenta della loro vita ed aiutandoli ad avere sempre fiducia in sé stessi.

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