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Roberto Cerè: intervista esclusiva al coach più potente e influente
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Roberto Cerè: intervista esclusiva al coach più potente e influente

Sulla vita e su quello che insegna Roberto Cerè si potrebbero scrivere dei bestseller… se non lo avesse già fatto lui.
Eccellenza italiana nel mondo nel campo del marketing sia come coach che come formatore, con una laurea in Economia Aziendale in tasca, ha iniziato a lavorare per grandi multinazionali come Arthur Andersen e KPMG; tornato in Italia, è stato per anni l’executive coach – cioè l’allenatore aziendale – di multinazionali di successo come la Scuderia Ferrari, Gucci, Mattel, Benetton e tante altre, affiancando presidenti, amministratori delegati e manager nei momenti in cui dovevano prendere decisioni importanti.

I suoi insegnamenti e i suoi successi si sono trasformati anche in programmi formativi seguiti da migliaia di persone, che hanno fatto di Roberto Cerè il primo coach italiano.

In molti ti definiscono il “coach dei coach”: quali sono secondo te le caratteristiche che ti hanno fatto emergere in un mercato sempre più competitivo?
“Il coach dei coach” probabilmente perché negli ultimi 10 anni ho formato e trasformato centinaia di professionisti a una nuova professione: il coaching. Sapevi che il coaching è tra le 5 professioni più richieste, secondo indagini fatte da Harvard nel 2015, per i prossimi 10 anni? È un mestiere decisamente affascinante che ti porta a contatto con professionisti di altissimo livello e a guadagni significativi.
Negli anni credo di essermi distinto per la congruenza, ovvero nel fare per primo quello che chiedevo ai miei studenti di compiere. Per esempio, per certificarti coach al MICAP (Master Internazionale in Coaching ad Alte Prestazioni) devi aver corso e terminato la maratona di New York, aver trascorso 8 giorni in un bosco in totale sopravvivenza, aver scritto e pubblicato un libro… Le prove sono molte e davvero dure. Averle superate tutte, per primo, ha generato quel senso di fiducia e di stima necessaria per diventare un leader.

Quando hai capito che avevi intrapreso la strada giusta?
Ci sono stati tre momenti che mi hanno fatto capire che ero arrivato finalmente sulla giusta strada. Che ricordo con simpatia.
Il primo episodio risale al 2010 quando PayPal mi sospese l’account per un’impennata improvvisa e non graduale delle vendite. Non se lo spiegavano. Il fatto è che quel flusso anomalo di vendite divenne la normalità e da lì non si è più mosso. Poi ci fu Facebook che fece lo stesso qualche mese dopo, mi sospese l’account per 24 ore perché non si spiegava l’incremento anomalo e massiccio dei “mi piace”. In entrambi i casi l’esperienza durò qualche ora, poi si resero conto che era il risultato di tanto lavoro che finalmente veniva canalizzato nel modo giusto. Questi due episodi mi dimostrarono che avevo un grande seguito e grandi guadagni. L’ultimo indizio, invece, è più recente e riguarda i nuovi formatori, comunicatori, coach presenti in rete. Vedere come usano e scimmiottano il mio modo di fare da una parte mi fa sorridere, dall’altra parte è l’inevitabile risultato di tanti anni di influenza sulle nuove generazioni.

Che ruolo ha il mondo del web e dei social nella tua professione?
Enorme. Senza la connessione, la rete, sarebbe impensabile generare questo impatto, in termini di persone raggiunte e di vendite generate.
La rete ha tagliato ogni distanza, portando il nostro volto, la nostra voce e i nostri pensieri letteralmente nel palmo di ogni individuo che possiede un cellulare. Incredibile!

All’inizio del 2017, però, hai fatto una scelta drastica: hai deciso di “abbandonare” la tua presenza online. Come mai?
Ero sinceramente appagato e avevo il profondo desiderio di dedicarmi ai tre progetti personali più importanti sino a quel momento: i miei affetti (i mei figli e la mia fidanzata); la costruzione dell’orfanotrofio in Tanzania, e infine, seguire con cura e dedizione gli studenti del Master.
È stata una pausa effettiva di otto mesi, poi ho ripreso con più vigore e lucidità.

roberto cerè

Ultimamente va molto di moda la parola “resilienza”. E’ una caratteristica essenziale, secondo te, per sopravvivere nel mondo del lavoro?
La resilienza è la capacità di assorbire un urto senza rompersi. Una dote fondamentale non solo nel lavoro ma anche in famiglia. Nei rapporti tra adulti essere in grado di assorbire le inevitabili “botte” della vita è indispensabile per non frantumarsi in continuazione. Se ci pensi bene, chi fa carriera in azienda? Chi ha la relazione sentimentale più longeva? Chi ha una salute mentale più robusta? Coloro i quali sono in grado di assorbire l’energia negativa che inevitabilmente si crea durante le relazioni e le frequentazioni, per trasformarla in energia positiva. Chi, durante una discussione, molla per primo il colpo e sposta l’attenzione su ciò che va bene, rispetto a focalizzarsi su ciò che non va bene.
Oggigiorno non è la forza a decretare il vincitore, ma la resilienza (resistenza) sulla lunga distanza.

Il problema, spesso, non è solo automotivarsi ma anche motivare e gratificare l’altro. Qual è la ragione secondo te?
Vogliamo piacere. E abbiamo capito che per piacere di più dobbiamo essere in grado di far star bene le persone che ci circondano. È uno dei bisogni fondamentali per gli esseri umani: contribuire. Siamo qui, su questo pianeta, per amare, essere amati e anche per contribuire. Una forma nobile di questo bisogno è la capacità di ispirare altre vite, altre anime, a trovare i motivi per agire, per cambiare, migliorare o imparare cose nuove.
Siamo qui per diventare degli esempi da emulare. Ognuno di noi ha il dovere di diventare un modello di riferimento. Altrimenti rischiamo di buttare via questo dono magnifico chiamato vita.

Perché le persone hanno paura di fallire? E’ da considerarsi sempre una cosa negativa?
In realtà non abbiamo paura del fallimento, ma della conseguenza del fallimento: il giudizio. Tutti noi sopportiamo male il giudizio. Ed ecco che pur di evitare di essere giudicati rischiamo di non agire, di non provarci, di non giocarci la nostra opportunità. Diventa invece uno stimolo nel momento in cui ci rendiamo conto che la via del successo attraversa il paese dell’esperienza. “Esperienza” una parola che ristruttura in modo elegante il concetto di fallimento. Se ci pensi bene, quando impari una nuova abilità per farla tua e possederla devi fare esperienza. Che in realtà significa: sbagliare e imparare. Ed ecco che il fallimento diventa tale quando decidiamo di non provarci più, di non imparare più, di non concederci più di fare esperienza. In poche parole, è la parola fine. E siamo solo noi a decidere quando metterla.

Coach, scrittore e papà di Sofia e Luca: che genitore sei?
Un papà in ‘training’. Che, rispondendo alla domanda precedente… sta facendo “esperienza”. Dopotutto chi ci prepara a fare questo mestiere? Probabilmente i nostri genitori, che con i loro comportamenti, azioni, reazioni e modi di fare hanno plasmato il nostro modi di fare con i nostri figli. Consapevole di questa forte influenza che avrò, indirettamente, sui miei nipoti, sto cercando di “lavorare” sui miei figli per farli diventare dei genitori più consapevoli, attrezzati e affidabili.

A cosa stai lavorando ultimamente?
Al sogno della mia vita adulta: terminare l’orfanotrofio a Pangani, in Tanzania.
Pangani è una regione della Tanzania che non è servita da alcuna struttura di accoglienza per bambini orfani e sieropositivi.
La Fondazione che dirigo, la “MICAP for Children ONLUS”, nel 2018 ha acquistato un terreno dove abbiamo avviato i lavori di costruzione di un orfanotrofio capace di ospitare 200 orfani affetti da questa grave patologia. Al momento attuale nessuna struttura si sta prendendo cura di loro. Per noi è molto importante essere rapidi e realizzare al più presto i primi dormitori e l’infermeria.
Per questo ho deciso organizzare un evento benefico a Montecarlo il prossimo ottobre, dal 16 al 20, insieme a top manager, amministratori delegati e al Generale Franco Angioni dove, parlando di Leadership, speriamo di coinvolgere un migliaio di amici che avranno l’occasione di crescere per 5 giorni intensi e nello stesso momento fare la loro parte per finanziare l’avvio dei lavori.
L’evento si chiama Leadership Academy, dura 5 giorni, dove sarò io a insegnare insieme ai miei ospiti di altissimo livello. Per partecipare e donare vi invito a visitare il sito web www.leadershipacademymicap.com

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