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Il reato di revenge porn: come difendersi e di cosa si tratta?

La nota legge sul “Codice Rosso” (n.69 del 2019) ha introdotto in Italia diversi nuovi reati tra i quali spicca il reato di revenge porn con cui viene punito chi diffonde illecitamente immagini o video sessualmente espliciti di persone non consenzienti a tale diffusione. Letteralmente la parola revenge significa vendetta, alla quale poi viene associata quella di pornografia per lasciar subito intendere la portata del comportamento al quale si vuole riferire la norma. Si tratta infatti di una vera e propria vendetta messa in atto, il più delle volte, da persone legate alla vittima da un rapporto sentimentale (compagni/e, coniugi) che, non accettando la fine della relazione, agiscono per punire ed umiliare l’ex di turno utilizzando immagini e video intimi in loro possesso.

Prima dell’entrata in vigore del Codice rosso del 2019, si ricorreva ad altri strumenti per la punizione di questo tipo di comportamenti; in particolare al reato di pornografia minorile e alla diffamazione aggravata dal mezzo di diffusione. Tuttavia, molte condotte che non si riusciva a far rientrare nell’alveo delle norme già esistenti sono rimaste impunite.

Tutto ciò ha smosso l’opinione pubblica negli anni per i risvolti, molto spesso tragici, che hanno visto vittime arrivare persino al suicidio (come nel caso di cronaca nazionale di Tiziana Cantone), determinando l’attenzione dei nostri legislatori che hanno deciso di punire severamente e con un reato ad hoc tali comportamenti.

Cosa prevede il reato di revenge porn e come viene attualmente punito?

Il reato in questione è stato introdotto con l’art. 612 ter del codice penale e punisce la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, che mostrano quindi persone impegnate in attività sessuali o ritratte in pose sessualmente esplicite, in assenza del consenso espresso dal diretto interessato ovvero dalla/e persona/e coinvolta/e, con la reclusione da uno a sei anni e con la multa che va da 5mila a 15mila euro.

Nello specifico sono previste due ipotesi:

  • la realizzazione o la sottrazione e la successiva diffusione di immagini o video a contenuto sessualmente esplicito senza il consenso delle persone rappresentate;
  • la diffusione di foto o video ricevuti o acquisiti.

Nella prima ipotesi, chi diffonde il materiale a contenuto sessualmente esplicito è lo stesso autore delle foto e dei video. Circostanza ancora più grave si verifica quando il materiale è stato sottratto alla persona rappresentata nelle immagini che poi vengono diffuse. In entrambi i casi, si tratta di detenzione di materiale di “prima mano” che viene divulgato attraverso gli strumenti telematici.

La seconda ipotesi di reato riguarda invece chi ha ricevuto il materiale sessualmente esplicito realizzato da terze persone. Qui, si tratta di detenzione di “seconda mano” e la condotta successiva consiste nella diffusione del materiale.

In tutte le ipotesi è necessario che l’autore della condotta delittuosa abbia avuto la volontà di arrecare un danno alla vittima, quindi che in capo al soggetto che diffonde il materiale sussista l’intento specifico di nuocere la persona offesa (quindi la persona ritratta nelle immagini/video hard).

Si vuole dunque tutelare in primis la libertà di autodeterminazione della persona, ma anche l’onore, il decoro, la reputazione e la privacy della persona offesa.

Quali sono i casi in cui sono previste le aggravanti?

Per questo spregevole reato, che si colloca come abbiamo detto in contesti in cui l’affettività viene meno (ad es. per la fine di una relazione, di una convivenza, di un matrimonio) e uno dei due realizza comportamenti dannosi per l’altro, il legislatore ha previsto delle circostanze aggravanti.

La pena prevista per il revenge porn è aggravata quando:

  • il fatto è commesso con strumenti informatici o telematici dal coniuge (anche se separato o divorziato) o da persona legata affettivamente;
  • in danno di una persona con inferiorità fisica o psichica o nei confronti di una donna incinta.

Nei reati disciplinati dal Codice rosso, l’espressione “relazione affettiva” ha un senso univoco: si intende qualunque relazione tra due persone che abbia una significatività all’interno della coppia. Quindi, è previsto un aumento della pena nel caso in cui vi sia una relazione affettiva tra la vittima e l’autore del reato.

Nel caso dei minorenni, invece, non sono previste delle aggravanti; i minori hanno le medesime tutele previste per gli adulti.

Come ci si difende dal reato di revenge porn?

Il revenge porn è perseguibile a querela di parte. Ciò significa che la vittima può presentare la querela entro 6 mesi da quando è venuta a conoscenza della diffusione del materiale sessualmente esplicito. Anche chi non è persona offesa può denunciare la conoscenza di questi fatti consumati in danno di terze persone.

Nel revenge porn, una volta presentata, la querela non potrà essere ritirata o, meglio, il Codice penale precisa che la remissione può essere solo processuale.

Esempio: la vittima si reca dalla polizia per sporgere querela; il giorno dopo non potrà ritirarla dal momento che potrebbe essere stata costretta, o indotta con la minaccia di un reato ancora più grave, a ritirarla dal suo aguzzino. Pertanto sarà autorizzata a ritirarla solo al termine delle indagini e all’interno del processo penale vero e proprio, in cui sarà un giudice a valutare le reali intenzioni della persona offesa.

Per info e domande: mail – info@federicacandelise.it, sito – www.federicacandelise.it

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