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Mingo, ci fai o ci sei? (intervista)

“Ci sono, assolutamente. Questo sono io, con tutto questo agitarsi dentro di emozioni, idee. Un istinto creativo che fa parte di me probabilmente dalla nascita. Già a scuola, benché sapessi quanto fosse importante, mettevo in scena i primi siparietti, con imitazioni e piccoli tour tra le classi (erano ben contenti di “perdere” tempo). Anche il mio esame di maturità è passato alla storia come un gran bello spettacolo. Pensare che sono figlio unico e mia mamma era un insegnante di educazione tecnica… anche lei ha dovuto arrendersi all’idea che ero nato con qualcosa d’altro da fare che non studiare!” Con queste parole, Mingo De Pasquale si presenta senza trucco e trucchi sulla ribalta che preferisce, quella della vita vera. Un’inclinazione che esplode già a tempi della scuola, dal liceo di Bari, alla facoltà di giurisprudenza (fatta per compiacere la mamma), dove girò il primo corto, un VHS che tanti avvocati e magistrati conservano gelosamente. Oggi si racconta per noi con i tanti personaggi “estremi e folli” che ama interpretare e che tra film internazionali, spettacoli, spot, premi gli hanno conferito il titolo ad honorem di Mister Bean pugliese doc.

Mingo, come riesci a tenere a bada tutta questa creatività?

Non la tengo a bada, la lascio andare a briglia sciolta. Esce come il dottor Jekyll e Mister Hyde, senza neanche bere pozioni. Ora, per esempio, ho vere e proprie visioni, e un’idea che mi frulla nella testa, di un corto d’azione strambo e futuristico. Non m’interessa al momento sapere se e cosa diventerà, ma devo assecondare quello che ho immaginato. Così è stato per il primo corto che il regista Alessandro Piva definì geniale. Tre minuti su una 35 mm che per acquistare, ho ipotecato le paghette di una vita, chiedendo alle mie prozie di finanziarmi. Sono state loro i miei primi produttori; anche allora non sapevo cosa ne sarebbe venuto fuori, ma solo di doverlo girare. Quando ho un’idea, devo realizzarla e non m’interessa se diventerà un lavoro, o se rimarrà uno sfogo personale da mettere sul mio canale Youtube. E’ un’urgenza, un’eruzione vulcanica di creatività!

Il tuo impegno nel sociale è forte e caratterizza da sempre il tuo lavoro. Che cosa significa per te?

Anche qui scatta un meccanismo che ho dentro e che non c’entra col lavoro. Non ho mai chiesto una lira, anzi tante di queste le ho prodotte io. Sono cose che sento, che mi colpiscono, come per la LILT, Lega Italiana Lotta Tumori. Dieci anni fa, persi mai madre e mi venne spontaneo, conoscendo personalmente il presidente, dare il mio contributo, alla mia maniera. La sicurezza stradale, problema che qui in Puglia è particolarmente sentito, è un altra delle campagne che ho sostenuto e continuo a sostenere. Quello che cerco di fare è di dare un taglio artistico di qualità, che ne possa determinare il successo. Anche in questo caso, faccio solo quello che mi piace e sostengo quello in cui credo.  

Lo spot “Mica scemo!” che ti ha visto interpretare Pin, un adulto autistico, è diventato molto più che uno spot. Che cosa ti ha colpito?

Un impegno artistico, che mi ha fatto appassionare al mondo dell’autismo che non conoscevo. E’ nato per caso, dopo aver conosciuto l’associazione “Vinci con Noi”, che prende il nome da Vincenzo il figlio della sua presidente e fondatrice. Mi sono domandato come mai si parlasse solo di bambini. Quando questi bambini crescono, la loro situazione diventa ancora più difficile così come l’inserimento nella società o nel mondo del lavoro. Diventano “pesi” nel momento in cui, la famiglia o i genitori diventati anziani, non possono più essere di sostegno. Il “dopo di noi”, che preoccupa tante famiglie, è stata una delle tante riflessioni. Pin, è un personaggio estremo… delicato e complicato. Un uomo adulto che conserva e mostra senza ritegno, il suo essere bambino, con la spontaneità che spesso imbarazza e mette in difficoltà noi adulti che ci definiamo normali. Bellissimo il suo dialogo con la bambina dello spot, che mostra di comprenderlo e di parlare la sua stessa lingua, quella del cuore. Un innamoramento per Pin e l’autismo, che si trasformerà ben presto in qualcosa di più…

I tuoi ruoli drammatici, sono toccanti. Riesci a sorprendere perché non ci si aspetta che Mingo che “fa ridere anche i sassi”, faccia riflettere. Come ti definiresti?

Tanti registi, uno tra i tanti, Alessandro Piva, sostengono che i ruoli estremi siano perfetti per me. Io non faccio il comico, altrimenti avrei fatto Zelig. Mi piace unire l’ironia ai contenuti. Un film comico non m’interessa, a me piace un altro tipo di racconto. Qualcosa che preveda un’esplorazione, un viaggio attraverso le montagne russe dell’animo umano, un mondo bellissimo e imprevedibile che non finisce di ammaliare e stupire. Quello che desidero sempre è sentirmi vivo, qualunque cosa faccia. Questa è per me una filosofia di vita che si riflette e anima il mio lavoro, il mio tempo libero, le mie relazioni.

Palare con te è incredibile, non si può davvero rimanere indifferenti. La tua dirompente creatività è palese e travolge. Hai mai pensato di insegnare teatro, recitazione?

Lo sto facendo da qualche anno, insegnando psicotecnica, ovvero tecniche di improvvisazione. Un’improvvisazione che è utile a chiunque, non necessariamente per il teatro o la recitazione, ma anche per le vendite porta a porta. Tecniche per uscire da situazioni difficili. Tengo degli stage con Max Formisano, che si occupa con la sua scuola, la Max Formisano Training, di public speaking da vent’anni. Mi piace e mi appassiona, perché è un incontro che riserva sempre sorprese. Mettendosi in gioco, incontrando persone diverse, si cresce sempre e comunque. Per uno come me, innamorato dell’essere umano, è arricchente e affascinante!

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